Classe 1990, con numerose esposizioni all'attivo e una carriera già ricca di riconoscimenti: stiamo parlando di Federico Seppi, artista originario della Val di Non la cui arte ha già superato i confini nazionali. Il suo affetto profondo per il territorio e la forte commistione della sua arte con la natura sono stati i motivi che ci hanno spinti a commissionargli un'opera che potesse essere installata nel giardino del Cain.
In questa intervista Federico ci ha fatti entrare nel suo prezioso mondo, fatto di arte, spiritualità e natura.
A TU PER TU CON FEDERICO SEPPI
- Federico, qual è stato fino ad ora, il tuo percorso artistico?
La mia formazione si perfeziona all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Durante la frequenza del corso triennale in Pittura, su consiglio del professore Carlo Di Raco che notò la mia predisposizione, fui spinto a frequentare anche Scultura con il professore Roberto Pozzobon. Nel 2014 ho conseguito, a pieni voti con lode, il diploma magistrale con Mario Airò in Scultura, discutendo una tesi dal titolo Materia viva, in cui ho approfondito la poetica dei materiali nella rappresentazione del binomio Arte e Ecologia come base della mia ricerca artistica. Tra il 2015 e il 2016 ho proseguito gli studi a Cardiff, alla Metropolitan University, nel corso Sculpture and Installation. Negli stessi anni ho partecipato alla mostra collettiva Natura, Arte e Ecologia al MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Galleria Civica. Dal 2017 faccio parte del gruppo di artisti curati da Giorgia Lucchi Boccanera di Boccanera Gallery. Recentemente, nel 2019, sono stato selezionato per la residenza London is Open ed ho avuto l’occasione di esporre il progetto da me presentato - E(U)nglish Lawn - presso la Estorick Collection of Modern Art di Londra. Nel 2021 ho presentato la mia prima personale Icebreaker presso la sede di Trento di Boccanera Gallery. Nello stesso anno, nel contesto fieristico di ArtVerona, sono stato selezionato per una collaborazione con la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
- Come si struttura il tuo processo creativo? Da cosa ti lasci ispirare, ma soprattutto, dove ricerchi stimoli sempre nuovi per esprimere la tua creatività?
Tutto parte dal contatto diretto con la vitalità della natura e da un contatto fisico con i materiali naturali che sento come necessari e irrinunciabili. Il processo creativo che seguo parte proprio dai materiali con cui opero che sono vivi, già espressivi, e continua nella salvaguardia di questa loro espressività latente. Per questo comincio seguendo il materiale nelle sue linee nascoste, in una sorta di archeologia del segno, partendo dai suoi indizi per elaborare di nuovi. La mia ricerca prosegue dando grande importanza alla sperimentazione, testando di volta in volta nuove variabili, cercando un equilibrio nel dialogo tra spiritualità e scienza, dalle relazioni tra oriente e occidente, dalla trasformazione tra natura e artificio.
- Quali sono gli elementi che si fondono nelle tue opere caratterizzandole?
La mia ricerca si basa sull’esperienza diretta di contesti e dimensioni che descrivono del naturale ciò che è più quotidiano, fenomeni quali la luce, la gravità, i passaggi tra stati fisici della materia, la vibrazione: tutte quelle condizioni o processi o eventi che si manifestano nella fisicità dei corpi naturali. Le mie opere sono riletture astratte, evocative dei processi che disegnano le forme della natura, dei tempi dilatati che la governano, della luce assorbita o rifratta da nubi o specchi d’acqua. Sono l’uso dell’argilla, del legno, dell’argento, del rame, dell’ossidazione, del ghiaccio. Il mio sguardo è semplice, rivolto all’essenziale. Fluidità e armonia formale, una processualità lenta e meditata: queste sono le cifre stilistiche che percorrono l’intera mia produzione.
- In questi ultimi anni, e soprattutto ora nel post lockdown, ci si sta rendendo conto sempre di più dell'importanza di riconnettersi con la natura, assecondandone i ritmi. Che ruolo gioca la natura nella tua arte?
Sia l’ambiente che la natura sono realtà definite da una fittissima trama di relazioni reciproche nella quale siamo ricompresi anche noi, ridimensionati a espressione parziale di questa complessità. In questo senso l’ambiente che ci circonda porta con sé la carica rivoluzionaria dell’emozione e della riscoperta. Natura è ispirazione ed è sfida, è scoperta ed è memoria: lavorare con la natura e nella natura mi restituisce un tempo che si fa più denso, in cui perdermi e ritrovarmi.
- Qual è il punto d’incontro tra la tua arte e la filosofia del Cain?
Il desiderio di abitare la natura, di sentirsi parte di essa e di viverla nella varietà delle sue espressioni. La propensione a riscoprire il valore dei momenti più quotidiani, delle piccole cose. L’affetto per il territorio in cui viviamo, il desiderio di condivisione.
- Raccontaci di Convergenza (Convergence), la tua opera commissionata dal Cain per i nostri ospiti.
L’opera, collocata al limitare del bosco, nasce dall’osservazione dello spazio circostante, dall’atmosfera che esso restituisce. In particolare, si fa traduzione visuale di quell’insieme di suggestioni sensoriali date dal suono proveniente da un ruscello in lontananza. Un’unica linea le cui estremità puntano una verso il cielo e l’altra alla terra. Questo segno narra la continuità e armonia che si respira tra tutti gli elementi che abitano in dintorni della Baita del Cain. L’opera, inoltre, rielabora la forma del cerchio, simbolo della continuità della vita e della ricomprensione di tutte le sue forme in un unico flusso di energia vitale. Il cerchio, non più chiuso, si sfalda e si ricompone a seconda del punto di vista dell’osservatore, perché possa lui trovare il punto di convergenza tra sé e questo luogo.
- Qual è quindi, in senso più ampio, il messaggio che vuoi trasmettere con le tue opere?
La mia ricerca è volta a rendere tangibile qualcosa che sfugge ad una visibilità immediata, è il tentativo di mediare o di rinegoziare le consuetudini con cui siamo abituati a definire il mondo, tentandone una continua riscoperta: questo può essere visto come un esercizio spirituale, una forma di spiritualità, perché prevede la restituzione di valore a ciò che ci circonda.